Le previsioni saranno pur negative per le valute asiatiche, nonostante questo lo yuan prosegue nel suo apprezzamento: la moneta cinese ha infatti raggiunto il suo livello più alto dal 1993, quasi due decenni fa, a causa della speculazione che sta riguardando i policy makers dell’ex Impero Celeste e la possibilità che intraprendano a breve misure per rallentare la divisa. I mercati finanziari della seconda economia mondiale hanno riaperto ieri dopo le festività. In particolare, si guarda con molta attenzione al prossimo 8 novembre, il giorno in cui si terrà il diciottesimo congresso del Partito Comunista Cinese.
Si tratta di un evento fondamentale e nel corso del quale si potrebbero annunciare gli stimoli economici volti a rallentare l’economia in questo momento. È proprio la speculazione che fa guadagnare terreno allo yuan, una situazione con cui si ha a che fare da diverso tempo a questa parte. Nel dettaglio, lo yuan è salito fino a quota 6,2812 nei confronti del dollaro, un picco che non si registrava dalla fine del 1993, con la conclusione della giornata di ieri che è stata caratterizzata da un livello pari a 6,2872 yuan, come stimato opportunamente dal China Foreign Exchange Trade System.
Anche la banca centrale del paese asiatico è stata letteralmente spiazzata in questo senso, con delle previsioni finanziarie che sono state inferiori rispetto a quanto poi accaduto. I contratti forward a dodici mesi hanno subito una lieve modifica a New York, senza dimenticare che la volatilità a un mese, vale a dire la misura dei tassi di cambio sfruttata nelle opzioni valutarie, si è attestata all’1,2%. Le pressioni inflazionistiche sono invece una realtà che si è imparato a sopportare dallo scorso mese di settembre. Intanto, le industrie di servizi della Cina hanno messo a segno una espansione piuttosto decisa, con l’indice Purchasing Managers’ che è cresciuto da 52 a 54,3 punti nel corso del mese di agosto.