La Cina si muove come una tartaruga. La transizione dello yuan verso un tasso di cambio più flessibile avviene “troppo lentamente” nonostante le pressioni statunitensi. Il ministro dell’Economia, Tim Geithner, non usa mezzi termini quando parla di fronte al Congresso della politica monetaria di Pechino: “Siamo molto preoccupati per l’impatto negativo di queste politiche sui nostri interessi economici e stiamo studiando un approccio, mirato e attentamente studiato, per gestire questi problemi”, ha dichiarato. L’Amministrazione Obama non arriverà ancora alle estreme conseguenze di un’accusa formale alla Cina di manipolazione della valuta. “Non sarebbe efficace”, a detta del ministro, anche se lo yuan è tuttora “sottovalutato in modo significativo”. Per questo Washington chiede che l’argomento rientri nell’agenda del vertice di Seul di novembre. Perché una moneta flessibile è “nel migliore interesse di tutta la comunita’ globale” nell’ottica di rimozione di una situazione di distorsione dell’economia. Dichiarazioni che si aggiungono a quelle del presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick, che ha auspicato che la Cina dia luogo ad azioni più incisive sulla moneta per bilanciare i propri consumi troppo sbilanciati verso il commercio estero.