Già dalla prossima settimana il Fondo monetario internazionale dovrebbe iniettare nell’economia serba 800 milioni di euro come prima tranche del credito “salva crisi” che potrà arrivare fino a 2,9 miliardi complessivi, così come stabilito a febbraio. Dopo il via libera ai finanziamenti accordato ieri da Washington, il ministro per l’economia, Mladjan Dinkinc, si è scoperto nuovamente ottimista sul futuro del paese e ha dichiarato: “per i cittadini serbi i soldi del Fmi significheranno la garanzia di stabilità macroeconomica e sicurezza per l’intera economia”. Secondo Dinkinc il “peggio è alle spalle” e “grazie all’accordo con il Fmi – spiega – abbiamo risolto il problema di una potenziale fuga di capitali e di una riduzione della liquidità. Ora – continua – dobbiamo risolvere il problema della liquidità interna con un minore costo del denaro, pur tenendo sotto controllo l’inflazione”. Per il ministro ci vorranno almeno altri 18 mesi per agganciare la ripresa, e per farlo al meglio sarà necessario stringere un’alleanza più stabile con Europa e Stati Uniti.
La settimana prossima (data probabile 20 maggio) il vice presidente americano Joe Biden giungerà in visita a Belgrado, ma se per Dinkinc sarà una ghiotta occasione per legarsi agli Stati Uniti, l’evento non è ben visto da tutti gli attori politici. Questa settimana, infatti, non sono mancate forti critiche dal Partito democratico serbo (Dss) e dalla coalizione Nuova Serbia (Ns). Alla base del malcontento il timore che Biden voglia fare pressione sulla Serbia perché riconosca e instauri rapporti di buon vicinato con il neo-indipendente Kosovo considerato un “falso stato”.