La Banca Mondiale ne è sicura, la ristrutturazione del debito delle banche vietnamite sta procedendo in maniera più lenta del previsto: di questo passo, il paese asiatico rischia un prematuro rallentamento monetario che potrebbe peggiorare addirittura le pressioni inflazionistiche. Allo stato attuale delle cose, il Vietnam non ha alcuna soluzione per risollevare la sorte dei propri istituti di credito, come è emerso chiaramente in un documento pubblicato due giorni fa ad Hanoi. Non sono bastate nemmeno le emissioni finanziare, come quando a giugno i risultati dell’asta di bond avevano comunque fatto ben sperare.
La qualità del credito di tali istituzioni è molto più debole, con le riserve di valuta estera che sono invece considerate a uno dei livelli più bassi di sempre. L’industria bancaria locale sta combattendo contro i suoi problemi debitori: come è emerso di recente, questi stessi debiti rappresentano ben l’8,8% degli interi prestiti. Ecco perché gli istituti sono così riluttanti nel fornire denaro, ma questo si traduce in un rallentamento della crescita economica e della spesa interna. L’economia vietnamita, infatti, sta viaggiando al ritmo peggiore degli ultimi tredici anni, un trend non certo incoraggiante. I rischi sono numerosi, con un tasso di inflazione molto alto e un livello di riserve valutarie estere che non risponde per nulla alle norme internazionali.
La State Bank of Vietnam, ad esempio, ha mantenuto il suo tasso di rifinanziamento al 10% dallo scorso mese di luglio, dopo aver tagliato dal 15% che era stato riscontrato a gennaio. Per quel che concerne il tasso relativo ai riacquisti, al contrario, da giugno scorso è fermo all’8%, mentre a inizio anno era stato fissato al 14%. Ultimamente, la valuta ufficiale, il dong, si è indebolita in modo preoccupante nei confronti del dollaro, tanto che ora ci vogliono 20,86 dong per ottenere un dollaro (le performance di fine novembre, ad esempio, sono state caratterizzate da un ribasso pari allo 0,1%).