Non ci sarà ‘quantitative easing’ in stile europeo, ovvero un grande acquisto di attività finanziarie sulla modello di quanto fatto dalla Fed americana o dalla Bank of England.
È lo stesso Draghi a dirlo a Koenigswinter, in Germania, dove si sono riuniti i parlamentari della coalizione che regge la Merkel, riportando con i piedi per terra un mercato che freme per le prossime decisioni della Bce. La Bce, ha ribadito Draghi, è pronta anche a questo tipo di misura se sarà necessaria. Ma per ora il rischio di deflazione non c’è. Quasi una sorta di rassicurazione di fronte alle inquietudini tedesche.
> Deflazione e inflazione, quale differenza intercorre
Draghi aveva fatto chiarezza sulle ipotesi allo studio all’Eurotower: con tassi del mercato interbancario in tensione (ipotesi piuttosto vicina alla realtà), taglio dei tassi o non sterilizzazione dei 175 miliardi di bond già comprati; con credito bancario che non riparte, un nuovo maxi-prestito alle banche vincolato all’erogazione di credito a famiglie e imprese oppure acquisto di cartolarizzazioni di questi prestiti, con deflazione, il famoso ‘quantitative easing’. Dopo lo 0,5% di marzo, c’è attesa per il dato di aprile.
Il vice di Draghi, Vitor Constancio, chiama a guardare al medio termine e dice che il dato di aprile non farà scattare una risposta automatica. Draghi continua ad invitare alla cautela, cercando di mantenere un difficile equilibrio. Le previsioni delle grandi banche sono fra un +0,8% e un +0,9% che allontanerebbe, almeno per il momento, un intervento d’emergenza. Forse, come riporta il Wall Street Journal, Draghi è contento di «battere il tamburo» del quantitative easing, dimenandolo davanti ai mercati ma sperando di non doverlo utilizzare mai.