Perché il prezzo della benzina alle stazioni di rifornimento continua a crescere nonostante i consumi siano in calo, e le vendite di auto in drastica riduzione? A incidere sul costo della benzina alla pompa di servizio è una lunga serie di fattori determinanti, da affrontare a partire dalle differenti quotazioni del petrolio sui mercati internazionali, per proseguire poi con le oscillazioni dei cambi valutari (e in particolar modo quelle che coinvolgono euro e dollaro) e, quindi, all’appena ricordato calo dei consumi a livello internazionale, mixato con l’incremento delle riserve.
“Una prima differenza rispetto al 2008 si registra nelle quotazioni delle varie qualità di petrolio che vanno dal barile di Dubai (101 dollari), alla qualità Niger scambiata a Lagos (110), dal Brent di Londra (108), che rappresenta la quotazione del petrolio estratto nel mare del Nord, al Wti texano (89, vedi il nostro focus sul petrolio più caro nel mercato Usa, ndr)” – dichiara Marco Zulberti sul Corriere – “In particolare la differenza tra le quotazioni del Brent di Londra e la qualità West Texas dopo essere rimasta per decenni intorno al dollaro, improvvisamente dal maggio 2011 è salita a 20 dollari, che corrisponde ad una oscillazione media dei prezzi del 12%. A cosa è effettivamente dovuto questo rincaro del Brent di Londra?”
Per cercare di comprenderlo bisogna conoscere le cause che stanno alla base dell’apertura dello spread tra le quotazioni del petrolio Wti e quelle del Brent di Londra “che oggi viene stranamente indicato come base dei prezzi per l’industria petrolifera italiana anche se poi di fatto viene importato da altri paesi come Iran, Irak, Arabia Saudita e Niger” – prosegue il giornalista.
Ma una seconda fonte di influenza non può che essere strettamente valutaria. “Una seconda influenza sui prezzi petroliferi è determinata dall’andamento del cambio euro dollaro che dopo aver segnato nel 2008 i massimi a 1,60 è sceso per ben tre volte in area 1,20, prima sotto la pressione della crisi finanziaria americana nel dicembre 2008 e poi nel giugno 2010 e nel luglio 2012 per la crisi del debito europeo, che ha aggravato di un 18% le quotazioni del petrolio rispetto al luglio 2008” – ricorda Zulberti – “Un effetto positivo di compensazione si era verificato, invece, durante il rialzo record del 636% delle quotazioni del West Texas passato dai 19,6 dollari del 2002 ai 147 del 2008”.