La settimana delle valute asiatiche è stata dominata senza dubbio dai ribassi: le trattative americane sull’ormai celebre fiscal cliff sono in alto mare e questo ha sicuramente urtato la domanda relativa agli assets finanziari che presentano un rischio maggiore. Un esempio molto interessante è quello della rupia indiana, il cui rallentamento in questi sette giorni ha superato il punto percentuale, tanto da far attestare la quota rispetto al dollaro americano a 55,07. Allo stesso tempo, la rupia indonesiana si è messa in mostra per il suo -0,2%, sfiorando anche il livello più basso degli ultimi tre anni.
Perfino il ringgit della Malesia ha perso terreno (ancora una volta 0,2 punti percentuali), segno che le performance sono state più o meno identiche. Non bisogna neanche dimenticare il nuovo dollaro di Taiwan (-0,15%), il cui valore complessivo rispetto alla moneta verde è tornato simile a quello di dieci giorni fa. Tra l’altro, le ultime sessioni sono state dominate da un volume di trading piuttosto basso, a causa soprattutto dell’assenza di trader stranieri e del sentimento piuttosto cauto per quel che concerne il “precipizio fiscale”. La maggior parte dei trader, inoltre, attende una mossa da parte delle banche centrali, con una attenzione maggiore in merito ai tassi di interesse.
Molto interessante è anche l’andamento dell’indice Bloomberg-JPMorgan Asia Dollar, il quale fa riferimento alle dieci monete più attive della regione escluso lo yen, calato come non accadeva da una settimana. La disamina continentale non può che prendere in considerazione il peso filippino, nonostante si possa parlare di una divisa tutto sommato stabile da questo punto di vista. Riguardo allo yuan cinese, poi, l’ottimismo è stato aumentato dalla ripresa economica dell’ex Impero Celeste, dopo i rallentamenti registrati nei mesi scorsi. Infine, l’ultimo cenno lo meritano il won coreano e il baht thailandese, leggermente in ribasso, oltre al dong del Vietnam, il quale ha perso lo 0,1%.