Osama bin Laden, leader di al Qaeda, è morto lasciando una traccia solo per mezza giornata di contrattazioni sui mercati. L’iniziale euforia -com’è stata letta dai giornali – è scoppiata in una bolla di sapone. Segno che valgono di più i fondamentali dell’economia che un’eccezionale evento di geopolitica. Infatti se la morte del terrorista numero uno riduce in teoria il rischio terroristico (proveniente dalla principale organizzazione criminale dell’Islam radicale) non vale lo stesso sul mercato valutario, azionario e petrolifero. La giornata nervosa sui mercati ha visto un recupero del dollaro, poi frenato dalle prospettive deboli dell’economia americana e dal mancato allineanmento della politica di tassi Fed a quelle delle altre banche centrali. Il prezzo dell’oro è inizialmente arretrato lasciando presagire un ritorno al rischio. Tendenza poi mutata nel corso della seduta. La debolezza dell’argento, poi, non ha niente a che fare con bin Laden: la perdita del 7 per cento sul prezzo si confronta con rialzi dell’81 per cento nei mesi scorsi. E’ stato meglio così, insomma. Infine il petrolio, che, dopo essere arrivato a 121 dollari al barile sui futures sul Brent, è tornato a 126 dollari. Questa è la tara del rischio geopolitico: la morte di bin Laden infatti potrebbe comportare rinnovate tensioni e ulteriori incidenti (isolati) in Medio Oriente.