A distanza di oltre due settimane il caso “Facebook” è ancora al centro dell’attenzione; il black-out nei primi 30 minuti di contrattazioni delle azioni di Facebook è costato diversi milioni di dollari agli investitori di tutto il mondo che si sono trovati, nei casi limite, ordini eseguiti in ritardo o mai eseguiti. I disagi legati all’IPO di Facebook sono stati portati davanti ad un tribunale con un’azione collettiva dei risparmiatori, parte offesa del collocamento gestito in maniera pessima.
Il Nasdaq Omx, gruppo che controlla la borsa dei titoli hi-tech di Wall Street, ha proposto nella giornata di oggi il rimborso per gli investitori; 40 milioni di dollari, di cui 13,7 in contanti ed il resto in commissioni e benefit su compravendite future, da girare agli intermediari che hanno reclamato per i danni subiti.
Le ombre sul gruppo che ha gestito l’IPO però non sono più state discusse e l’emissione ritardata di notizie sensibili che ha condizionato gli investitori è passata in secondo piano, dopo l’annuncio del risarcimento, ora al vaglio della SEC.
Se l’istituto di vigilanza dei mercati Americano chiuderà la questione accettando la proposta avanzata dal Nasdaq Omx allora la questione finirà qui e le contrattazioni proseguiranno dimenticando completamente i disagi e le speculazioni del collocamento.
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Resta tuttavia da spiegare come un gruppo che si propone al massimo della forchetta prevista, quindi 38 dollari per azione, vede il prezzo crollare per due settimane fino a sfiorare i 25 dollari annunciati da Bernstein. Per quanto i problemi iniziali abbiano influito sull’emissione, l’elemento più grave nel lungo termine è sicuramente la valutazione iniziale completamente sbagliata; per quanto vi siano i presupposti per una crescita e per il proseguo della raccolta pubblicitaria, la capitalizzazione indicata all’inizio può essere raggiunta solo con un lavoro sul campo di diversi mesi.
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