L’Italia è un paese di investitori sempre più vecchi, con sempre meno giovani e, tra essi, sempre meno giovani occupati e giovani in grado di poter risparmiare qualcosa alla fine del mese. Stando alle ultime elaborazioni dei dati Eurostat effettuate da Datagiovani, infatti, negli ultimi 20 anni si sarebbe notevolmente assottigliata la fascia lavorativa che va dai 15 ai 24 anni, ovvero la fascia di riferimento e di maggiore importanza quando si analizzano i dati sull’occupazione giovanile.
Basti considerare che – afferma Datagiovani – tra il 1991 e il 2011 questo segmento ha subito una flessione del 32 per cento passando da 8,9 milioni di soggetti a poco più di 6. “Numeri importanti per il mondo del lavoro” – sottolineava a commento La Repubblica – “che oggi ha la possibilità di attingere da un bacino di nuove e fresche leve più esiguo rispetto agli altri Paesi europei: mentre nel 1991 tale bacino corrispondeva al 15,6% della popolazione, ora si è scesi al 10%, mentre nel resto del Vecchio continente la media è del 12%, sebbene anche nelle altre nazioni ci sia stata una diminuzione dell’incidenza del numero dei giovani sulla popolazione” (vedi anche Pessimismo sull’economia italiana).
“Nel nostro Paese la fascia di riferimento internazionale 15-24 sembra avere poco significato per fotografare lo stato occupazionale giovanile” – viene osservato dai ricercatori di Datagiovani – “Diminuendo il numero dei soggetti che vi rientrano e crescendo quello degli universitari, che quindi non fanno parte dell’universo attivo, la disoccupazione in questa platea resta un fenomeno diffuso ma numericamente limitato. La questione è quindi se non sia il caso di iniziare a considerare per le indagini sul mondo lavorativo giovanile italiano l’intero universo sotto i 35 anni, così da avere dei dati più attinenti al complicato rapporto tra giovani e lavoro” (vedi anche Dati disoccupazione dicembre 2012).
Evoluzioni sociodemografiche che non possono che ripercuotersi anche sul fronte degli investimenti.
