L’Autorità Monetaria di Hong Kong ha provveduto a vendere la sua moneta, il dollaro locale, per la quinta volta in meno di due settimane: in pratica, il “peg”, il cambio fisso tra questa divisa e il dollaro americano ha toccato il livello più alto degli ultimi ventinove anni, un vero e proprio record senza ombra di dubbio. Una decina di giorni si era lanciato l’allarme, a causa, in particolare, dei pericolosi rialzi del dollaro di Hong Kong. Volendo essere ancora più precisi, questo istituto di credito centrale ha introdotto altri 2,71 miliardi di dollari nel sistema bancario dell’ex colonia britannica, una iniezione di liquidità che segue molto da vicino quella che si è verificata lo scorso 19 ottobre, con un intervento quantificabile in 603 milioni di dollari americani.
D’altronde, questa iniezione di due settimane fa ha rappresentato la prima in assoluto dal 2009 a oggi, mentre poi il successivo 23 ottobre è stato caratterizzato da altri 1,25 miliardi di dollari immessi nel sistema. Il motivo è presto detto, si sta seguendo l’esempio di tre banche centrali molto importanti e affermate a livello internazionale, vale a dire la Federal Reserve, la Banca Centrale Europea e Bank of Japan, tutte attive nello stimolare le rispettive economie di appartenenza.
In aggiunta, non bisogna dimenticare il rallentamento economico di cui è protagonista la Cina, deludente come i dati di maggio dell’industria non manifatturiera. L’autorità di Hong Kong si attendere ora dei deflussi netti nella valuta, i quali dovrebbero proseguire per un certo periodo di tempo, anche se non si esattamente quanto. L’istituto ha assicurato la sua vigilanza molto stretta da questo punto di vista, oltre al mantenimento del tasso di cambio relativo alla stabilità, in accordo con quello che è il meccanismi monetario. Di solito, quando il dollaro di Hong Kong raggiunge la cosiddetta “strong end”, è solito offrire l’acquisto di dollari americani per prevenire qualsiasi apprezzamento.