La Turchia rischia di contrarre un violento “mal di testa” politico a causa della sua politica monetaria: in effetti, la nazione anatolica sta tentando in tutti i modi di gestire i capitali esteri, un traguardo a cui si punta inflazionando il tasso di cambio della lira turca. Fitch ha già provveduto ad aumentare il rating del paese nel corso di questo mese. Se anche Moody’s dovesse comportarsi alla stessa maniera, allora il debito di Ankara diventerebbe eleggibile per essere incluso negli indici obbligazionari. I finanziamenti necessari saranno messi a disposizione dai nuovi flussi dei mercati, stimati in diversi miliardi di dollari.
Ma c’è un problema di cui tenere conto: infatti, i miliardi in questione insieme alla lira rafforzata potrebbero rendere le esportazioni della Turchia meno competitive. Secondo gli analisti e gli economisti locali, infatti, la banca centrale punta a uno scenario ben preciso, scandito dalla riduzione dei costi di indebitamento e dall’apprezzamento valutario. Anche il 2011 si era segnalato come un anno da tenere d’occhio per quel che concerne tale valuta. In particolare, l’estate è stata ricca di spunti, visto che tra le monete emergenti gli occhi erano puntati sulla lira turca.
In aggiunta, circa un mese e mezzo fa, la lira era ai minimi da due anni. Come ha reso noto l’agenzia Moody’s, il rating è per il momento stabile a Ba1, un giudizio che identifica il primo livello dell’affidabilità sufficiente (declassando il giudizio di altri due gradini si scende nella piena zona a rischio), ma l’outlook è positivo. Secondo la banca statunitense JPMorgan, gli stranieri hanno già provveduto ad acquistare l’equivalente di un miliardo di dollari per quel che riguarda i titoli obbligazionari in lira turca nel corso di questo mese, sospingendo i rendimenti a due anni verso i loro record più bassi. Gli indici azionari turchi, infine, si sono comportati in maniera brillante, con ottime performance nel 2012.