Il ritracciamento del rublo russo al suo livello più basso da quasi un mese a questa parte ha una causa ben precisa: in effetti, la valuta della vasta nazione europea ha risentito in maniera negativa della crescita relativa alla domanda di dollari per i pagamenti ai detentori di nazionalità straniera. Di conseguenza, gli investitori si sono visti costretti a vendere gli assets più rischiosi ancora prima dell’ultimo discorso del governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke.
Entrando maggiormente nel dettaglio, c’è da dire che questa moneta si è deprezzata di ben 1,2 punti percentuali nei confronti del dollaro americano, attestandosi a quota 32,58 presso la Borsa di Mosca. In pratica, si è trattato del terzo declino consecutivo e della quotazione più bassa dal 25 luglio ad oggi. Come se non bastasse, il rublo ha ceduto anche l’1,1% nei confronti dell’euro (l’ultima quotazione era pari a 40,74 euro), senza dimenticare il -1,2% relativo al confronto con un paniere delle principali divise internazionali. La domanda di moneta russa è cominciata a scendere nel momento in cui le compagnie hanno cominciato i loro pagamenti di fine mese.
C’è da dire che il rublo viene attualmente considerato uno degli assets valutari più rischiosi in assoluto, anche perché esso dipende in larga misura da mercati esterni. Sono lontani i tempi (bisogna risalire almeno al 2010) in cui questa divisa poteva essere considerata stabile, con la World Bank che dava fiducia all’economia russa e alla sua crescita. Il premier Vladimir Putin si è spesso scagliato contro il monopolio del dollaro, ma con un rublo in queste condizioni non c’è nessuna possibilità di alternativa. D’altronde, secondo l’agenzia di rating Moody’s, le economie emergenti sono destinate a rallentare la loro crescita, in particolare il gruppo Brics, di cui fa parte a pieno titolo anche la Russia; si attende ora una mossa decisiva e convincente da parte della Banca Centrale.