La crescita largamente inferiore alle aspettative da parte del prodotto statunitense nel secondo trimestre del 2016 (solo +1.2%, di gran lunga distante dal consenso) ha rafforzato il rally del cambio euro-dollaro, già aggiratosi su una traiettoria rialzista all’indomani della riunione della Federal Reserve del 27 luglio, che non aveva sciolto i dubbi sui tempi della prossima mossa restrittiva sui tassi di interesse.
A ben vedere la composizione analitica del dato del PIL fa emergere un quadro migliore delle condizioni di salute dell’economia in confronto all’immagine trasmessa dalla statistica aggregata: i consumi hanno infatti conservato una grande forza propulsiva destinata a sostenere l’espansione anche nella restante parte dell’anno, accelerando sensibilmente sul trimestre precedente, mentre gran parte della sorpresa negativa va attribuita alle scorte di magazzino, che non solo hanno generato un contributo negativo alla formazione del reddito (cosa regolarmene accaduta negli ultimi cinque trimestri) ma sono diminuite in valore assoluto (-8.1 miliardi di dollari) per la prima volta dal terzo trimestre del 2011.
Il dato potrebbe anche indicare uno svuotamento dei magazzini più rapido delle attese a causa degli alti livelli di domanda. L’incertezza del quadro globale ha penalizzato ancora gli investimenti, ma è pur vero che la fiacchezza delle spese capitali contrassegna da tempo il processo evolutivo dell’economia USA. Non vi è dubbio, in ogni caso, che un dato di crescita così inferiore alle attese accresca ulteriormente i dubbi sull’effettivo rialzo del costo del denaro in corso d’anno da parte delle Fed e questo giustifica la scalata dell’euro, cresciuto dopo il dato sin verso 1.1175 e poi 1.12, sino a segnare i massimi dell’ultimo mese.
Lo yen nella giornata venerdì ha invece confermato il vistoso movimento di apprezzamento contro euro, sino a massimi giornalieri di 113.90: nella mattinata la BoJ, la banca centrale nipponica, aveva annunciato solo un blando incremento dello stimolo monetario attraverso l’aumento del target annuale di acquisti di Etf, mentre aveva lasciato invariati tutti i maggiori parametri della politica monetaria.