Difficile pensare che le rinnovate tensioni in Medio Oriente non infetteranno i mercati durante la settimana appena iniziata. Ne abbiamo avuto prova dall’andamento della borsa italiana che, a causa della sanguinosa crisi politica in Libia, ha visto affondare i titoli di Finmeccanica, Eni, Impregilo e UniCredit: colossi pubblici e privati dell’economia nazionale legati al colonello Gheddafi per via dellla banca centrale libica che possiede delle quote azionarie importanti (UniCredit) o per via delle attività nel Paese (Eni, Finmeccanica e Impregilo). In realtà il consiglio per tutti sarebbe quello di fare una buona scorta di benzina prima che la situazione a Bengasi peggiori ulteriormente sulla scia di quella che pare a tutti gli effetti una guerra civile nella regione Cirenaica. Infatti il trenta per cento del fabbisogno petrolifero italiano è coperto dalle scorte del colonnello. Domani il presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi incontrerà il ministro dell’Interno Roberto Maroni e quello degli Esteri Franco Frattini per decidere il da farsi. La crisi libica infatti comporta l’attesa di un aumento dell’immigrazione sulle coste meridionali e la gestione di una relazione bilaterale complicata per via delle violenze perpetrate dalle forze di repressione libiche, anche con bombardamenti sui manifestanti. Al momento (nel primo pomeriggio) l’Italia pare l’unico paese Ue a mantenere una posizione filo-libica senza condanne gravi e ufficiali. Detto questo, a livello mondiale, sui mercati si ripete il canovaccio egiziano. Il petrolio ha toccato i massimi da due anni. L’oro ha toccato i 1.400 dollari l’oncia e probabilmente non sarebbe fuori luogo aspettarsi anche un rimbalzo dello yen che, come l’oro, è considerato un “bene rifugio” in tempi d’incertezza. Altra notizia importante che ci viene consegnata dal weekend elettorale tedesco è che la Cdu di Angela Merkel ha perso contro i socialdemocratici nella città stato di Amburgo. Un cattivo inizio di questo anno elettorale per il partito di governo ma soprattutto un fattore ulteriore di tensione per la strategia di governace europea, già di fatto legata alle sorti politiche della Germania.