La crisi egiziana terrà banco finché non si calmerà la situazione. L’incertezza è ancora il fattore principale che fa muovere gli investitori ancora incerti, dicono dalle sale operative, se la crisi politica egiziana si rifletterà violentemente sui mercati internazionali oppure avrà riflessi solo sui vicini mediorientali. Oggi l’agenzia di rating Moody’s ha declassato il rating sul debito egiziano nella prospettiva che il governo vari misure fiscali agevolate per placare le proteste ma ampliando il deficit statale. Oggi anche grandi multinazionali come le case auto Nissan, Daimler e Bmw hanno fermato la produzione nel paese mentre Volkswagen ha deciso di non inviare più i suoi prodotti, come aveva fatto con la Tunisia all’accentuarsi delle rivolte. La preoccupazione maggiore riguarda le forniture di greggio che passano, ma non solo, per il Canale di Suez, dove però l’attività sembra proseguire regolarmente, dicono i media locali. Oltretutto l’Opec, il cartello dei paesi produttori di petrolio, ha assicurato che aumenterà la produzione per supplire a un eventuale blocco delle forniture. Alcuni analisti temono che la crisi possa anche avere riflessi sulla moneta unica visto che sta tornando la predilezione – seppure a singhiozzo – per valute rifugio come il franco svizzero e lo yen. Oggi però l’euro ha rialzato la testa contro il dollaro portandosi secondo gli schermi Reuters fino a un picco di 1,3727. Il motivo sono le stime Eurostat sull’inflazione nell’Eurozona più alta del previsto dal 2,2 per cento del mese scorso al tasso annuo di gennaio del 2,4 per cento.