FMI torna alla carica e lancia un nuovo monito: un fallimento delle misure e delle azioni da parte dei responsabili della zona euro per arginare la crescente crisi del debito, potrebbe provocare una grave contrazione economica, innescare un sell off di asset del settore finanziario e ridurre le prospettive di crescita delle principali economie mondiali di diversi punti percentuali. Se il Fondo Monetario Internazionale ha accolto con favore il fatto che la BCE si sia detta pronta ad intraprendere operazioni sul mercato obbligazionario, non sembra tuttavia affatto rassicurato.Il rapporto, pubblicato a mercati chiusi (in Europa e negli Stati Uniti), quantifica i potenziali effetti globali nelle cosiddette cinque economie sistemiche: l’area dell’euro, gli Stati Uniti, il Regno Unito, il Giappone e la Cina.
Lo scorso anno il Fondo monetario internazionale aveva detto che, a condizione che la crisi del debito non contagiasse i paesi periferici dell’area dell’euro, le tensioni nell’unione monetaria avrebbe avuto solo effetti modesti sul resto del mondo. Ma le preoccupazione oggi si spingono ben oltre i confini europei. I timori si pongono a livello paneuropeo.
La notizia è giunta poche ore dopo che la Banca centrale europea ha, inizialmente, deluso gli investitori che auspicavano l’annuncio del riavvio del programma di acquisto di obbligazioni (SMP)per contribuire ad alleviare le pressioni sui mercati obbligazionari, in Spagna e Italia soprattutto. Da mesi, ormai, l’FMI sta mettendi sotto pressione la BCE perché tagli ulteriormente i tassi e intervenga con azione mirate e incisive per salvare gli Stati in difficoltà.
Mentre per la Grecia il rischio default non è affatto scongiurato (tutt’altro! ) e in Spagna i rendimenti si muovono verso livelli insostenibili, i funzionari euro stanno lottando per avanzare lungo il cammino che dovrebbe portare alla formazione di una unione bancaria e di altre politiche di integrazione, ritenute essenziali per l’FMI.
Nello scenario delineato dall’Istituto di Washington, guidato da Christine Lagarde, gli oneri finanziari degli stati in difficoltà,come l’Italia e la Spagna, potrebbero impennarsi di circa 300 punti base, con la conseguente impossibilità di accedere al mercato per ottenere prestiti.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il fondo ha quantificato le potenziali ripercussioni di una paralisi politica a Washington, ovvero del mancato accordo tra la Casa Bianca e il Congresso per evitare i grossi tagli alla spesa e gli aumenti fiscali, il pacchetto di misure noto come “fiscal cliff”. Secondo l’FMI i mercati azionari americani potrebbero inizialmente crollare del 15% e la produzione contrarsi fino a cinque punti percentuali.
Per l’istituto, in accordo con la BCE sulla necessità che gli stati intensifichino gli sforzi per mettere in ordine le proprie finanze, nonostante i progressi compiuti, l’impressione generale è che non è stato fatto abbastanza per fermare la diffusione delle tensioni, e dunque allentare il rischio di contagio. Nel caso in cui la crisi dovesse aggravarsi, l’FMI stima che l’impatto sui paesi più poveri nel mondo incrementerebbe il loro fabbisogno di finanziamenti esterni, almeno di 22 miliardi di euro.
In Cina potrebbe registrarsi una contrazione degli investimenti, con un effetto negativo sui fornitori asiatici, così come sul Giappone, e la Germania, partner fondamentale per la Cina, accuserebbe conseguentemente il pesante colpo.