“Abbiamo evitato un altro 1929” ma “la crisi economica globale continuera’”. Cosí il direttore del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Kahn inquadra lo scenario attuale in un’intervista al Der Spiegel. Comunque, continua, “vorrei vedere un’azione piú forte dei paesi per ridurre gli stipendi dei banchieri”. Una frecciata rivolta ai “grandi” del G20 pronti al vertice di Pittsburgh, in programma il 24 e il 25 settembre.
E se da “Germania e Francia si vedono segnali postivi”, come certifica lo stesso Strauss-Kahn, il “vento dell’Est” raffredda I facili entusiami. Secondo un’analisi di Standard&Poor’s ci si aspetta una ripresa lenta delle economie dell’Est europeo, un fattore che non impatterá positivamente sull’intera Unione europea.
I Paesi Cee, infatti, sono quelli che stanno subendo la maggiore contrazione, dopo anni di crescita supersonica. Nel mirino ancora due repubbliche baltiche, Estonia e Lituania, cui si aggiunge la Romania. Il pericolo rimane quello di una crisi monetaria, infatti, la svalutazione delle monete locali è sempre in agguato.
In paesi come Bulgaria, Estonia e Ungheria il debito estero rimane elevato; rispettivamente del 103, 115 e 93 per cento del Pil. Si difende solo la Repubblica Ceca dove il deficit ha tocca il 40%.
Preoccupa anche la Polonia. La situazione fiscale sta degenerando e i sussidi alle campagne si stanno dimostrando un flagello. Se non cambia qualcosa, Varsavia rischia addirittura il posto che le era stato promesso nell’Unione europea.
Il paradosso è che i paesi dell’Est sono arrivati a questo punto, cioè hanno spinto sulla crescita, proprio per entrare in Europa.