Continuano a ritmo serrato i lavori per trovare una risoluzione ed evitare il fiscal cliff, lo scenario fiscalmente catastrofico, che comporterebbe un aggravio di oneri per la stragrande maggioranza dei cittadini statunitensi. Nonostante le difficoltà, il presidente americano Barack Obama ha dichiarato di essere “pronto e voglio un accordo (…) Nelle ultime settimane ho lavorato con i leader di tutti e due i partiti. Durante le trattative, ho offerto un compromesso ai repubblicani in Congresso”.
“Sono andato loro incontro a metà strada sulle tasse e sulla spesa. A oggi sono ancora pronto e voglio un ampio accordo: ritengo che ridurre il deficit sia la cosa giusta da fare per la salute di lungo termine della nostra economia e per la fiducia delle imprese” – ha poi aggiunto Obama in uno dei più recenti incontri con la stampa – “Ma in 10 giorni abbiamo una scadenza. Fra 10 giorni, in base alla legge attuale, le tasse aumenteranno per la maggior parte degli americani” (vedi anche La fiducia di Obama sostiene il dollaro australiano).
Proprio la volontà di evitare che le tassi aumentino per il 98% degli americani sembra essere il punto di partenza di repubblicani e democratici. “Non c’è assolutamente alcuna ragione per non tutelare questi americani da un aumento delle tasse. Almeno accordiamoci ora su quanto siamo tutti d’accordo” – conferma infatti il presidente.
Obama invita poi tutti a non infliggersi ferite, e rileva di aver recentissimamente parlato con il capo della Camera, il repubblicano Bohener, e il capo del Senato, il democratico Reid: “Nei prossimi giorni ho chiesto ai leader del Congresso di lavorare a una piano che prevenga un aumento delle tasse per la classe media, mentre si gettano le fondamenta per un ulteriore lavoro sulla crescita e il deficit. E’ un obiettivo raggiungibile in 10 giorni. Evitare un aumento delle tasse per la classe media non è una responsabilità repubblicana o democratica. Con i loro voti gli americani hanno detto che governare vuol dire una responsabilità condivisa fra i due partiti” (vedi anche l’approfondimento Il calo del petrolio trascina verso il basso anche il rublo).