Altra cantonata per il mercato del lavoro americano: il numero di nuovi impieghi è (ancora una volta) inferiore alle stime degli analisti. Sono aumentati di 103mila unità contro le 150mila previste. Ha ragione il governatore della Fed, Ben Bernanke, nel dire – come fa notare oggi Bloomberg – che la ripresa del mercato del lavoro ci metterà “quattro/cinque anni o più” prima di avere effetti concreti. Il problema è che all’America – indebitata fino al collo – serve lavoro per far ripartire i consumi, com’è nel suo modello economico, in modo che la ripresa diventi sostenibile internamente e non tramite fattori esogeni (dal momento difficili da inquadrare dal momento che la Cina, l’economia più vitale, già acquista debito Usa). Un altro problema è che vigilare sulla disoccupazione è compito proprio della Federal reserve che per legge detiene un doppio mandato: controllare, appunto, il mercato del lavoro e gestire l’inflazione. I repubblicani hanno proposto nel recente passato una riforma del Humphrey-Hawkins Full Employment Act, che dal 1978 consegna alla Fed il doppio incarico. Iniziativa osteggiata dal Segretario al Tesoro, Timothy Geithner, che ovviamente tifa per la Fed che ha appena garantito 600 miliardi di liquidità aggiuntiva acquistando asset pubblici. Insomma, anche se Bernanke mette le mani avanti allungando i tempi della ripresa del mercato del lavoro. Forse la Fed dovrebbe ammettere di non aver imbroccato – almeno per adesso – la strada giusta per una rapida e sicura spinta sul fronte degli impieghi.