Come ci si aspettava e come si è potuto osservare nel corso di questa settimana il dollaro statunitense ha recuperato il calo che aveva maturato nei giorni scorsi grazie ai dati sull’occupazione americana prima del nuovo calo legato alla crisi con la Corea del Nord. Possiamo parlare di prove di stabilizzazione e prevedere tale avvenimento?
Quel che è certo è che è impossibile rimanere indifferenti davanti a un dossier come quello reso noto recentemente negli Stati Uniti sulla disoccupazione e sui rendimenti, apparsi più alti del previsto. Sebbene sia ancora prematuro fare delle previsioni certe su quello che accadrà, rispetto alle scorse settimane vi sono maggiori probabilità che la Fed decida di alzare i tassi di interesse a fine dicembre come si sospettava accadesse prima del crollo del dollaro dell’inizio dell’estate. Non è difficile comprendere che il mercato valutario userà come variabile discriminante l’inflazione: questo se da un certo punto di vista fa pensare bene rispetto all’aumento del costo del denaro dall’altra parte far rimanere tutti quanti gli analisti molto cauti.
Il dollaro sembra ad ogni modo aver fermato la sua discesa in caduta libera ed è facile prevedere che tale andamento rimarrà per le prossime settimane, a meno di particolari sviluppi negativi sul fronte politico ed economico, come accaduto in questi giorni, come anticipato, con la tensione Corea-USA: una situazione che bisognerà osservare con attenzione, visto che ha già mostrato di influire e non poco.
La moneta europea, dal canto suo si sta comportando come giusto che sia per tentare di mantenere i suoi alti livelli stabili: vero allo stesso tempo è che a meno che il quadro economico e politico americano non crolli sotto qualche difficoltà improvvisa, difficilmente sarà possibile per la valuta nostrana sostenere i suoi massimi senza sforzo. La migliore previsione che è possibile fare è che il cambio tra le due monete si possa stabilizzare tra 1,17 e 1,18 per poi ritracciare con il passare delle settimane in modo graduale.