Circa un terzo in meno del valore rispetto al dollaro americano: è questa la quantificazione esatta della svalutazione a cui è stato sottoposto il bolivar venezuelano nel suo cambio con la moneta verde. L’intento? La nazione sudamericana ha necessariamente bisogno di migliorare le condizioni del proprio commercio, oltre che del sistema economico interno. L’ultima operazione simile a quella di cui si sta parlando si è verificata nel corso del 2010, mentre bisogna sottolineare come si tratti della quinta svalutazione per quel che riguarda la leadership di Hugo Chavez (da dieci anni a questa parte per la precisione).
Anche l’oro nero ha però un ruolo determinante in questo senso. In effetti, è noto come il Venezuela sia uno dei paesi più importanti al mondo in quanto a petrolio, con delle riserve interne che possono essere definite a ragione enormi. Basta pensare che nel corso del 2011 questo paese ha fatto registrare le riserve di petrolio più alte al mondo, vale a dire oltre 296mila milioni di barili (si tratta di stime che sono state fornite dal colosso energetico British Petroleum): l’Arabia Saudita ne può vantare invece “solo” 265.500 milioni. Non si sta parlando di qualcosa di sorprendente, in fondo il petrolio non è solo ed esclusivamente una prerogativa che riguarda l’area mediorientale, ma anche la regione latino americana è ben rappresentata.
La svalutazione del cambio è passata dai precedenti 0,23 dollari per ottenere un bolivar venezuelano fino agli attuali 0,16, il che vuol dire che ora per arrivare a un dollaro sono necessari 6,3 bolivar sul mercato nero. In questa maniera, la valuta sudamericana diventerebbe piuttosto appetibile, visto che il petrolio viene di solito quotato in modo convenzionale in moneta verde, ma si potrà beneficiare di un vantaggio in termini di esportazioni. Gli operatori professionisti si attendevano comunque uno scenario monetario simile, dato che la divisa in questione era da tempo considerata sopravvalutata (vedi anche Il Venezuela diviso tra bolivar e dollari).