I suoi commenti evidenziano la profondità della crisi del debito della zona euro, in quanto parlare di un crollo dell’unione monetaria è stato considerati, almeno finora, un tabù dalla Banca centrale. europea (BCE). Il suo predecessore, Jean-Claude Trichet, aveva rifiutato di evocare lo scenario, definendolo “assurdo”. Mario Draghi, in un intervista al Financial Times, ha affermato che se un paese lasciasse l’euro, alla fine si troverebbe costretto ad adottare le stesse severe misure di austerità cosi comè le pesanti riforme strutturali che sono ora imposte e richieste, “ma – aggiunge Draghi – si troverebbe in una posizione più debole”. Gli stati che dovessero lasciare la moneta unica, svalutando poi la propria moneta, andrebbero incontro ad una enorme inflazione.
Per il numero uno dell’istituto di Francoforte, non c’è un trade-off a lungo termine tra crescita e austerità. Draghi ha inoltre avvertito che un crollo creerebbe tensioni e conseguenze sconosciute per quelle nazioni sopravvissute, che continuerebbero la lora avventura nell’euro. “Si avrebbe una violazione sostanziale del trattato esistente. E quando si comincia in questo modo, non si sa mai come si finisce”.
Draghi è fermamente convinto che la BCE non dovrebbe iniziare a stampare moneta ed ha sollecitato nuovamente i leader politici a muoversi velocemente per rendere operativo il fondo di salvataggio europeo, l’EFSF– la cui attuazione è stata ritardata, comportando l’aumento delle risorse necessarie alla stabilizzazione dei mercati – e far fronte ai costi sempre più elevati.
I commenti di Draghi giungono in un contesto di crescenti tensioni all’interno della zona euro e dell’Unione europea, mentre non si placa la speculazione sull’uscita dal blocco di almeno uno dei paesi indebitati e in difficoltà della zona euro. Boris Johnson, sindaco di Londra, ha affermato che la zona euro potrebbe esplodere nei prossimi 12 mesi, suggerendo che la Grecia potrebbe essere il primo paese ad abbandonare la nave di Eurolandia.
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