Il mercato sta offrendo in questi giorni una diapositiva molto chiara: il dollaro sta passando un periodo di sopravvalutazione. E se da una parte questo sta man mano portando ad una rivalutazione con conseguente crescita dell’euro, cambiamenti stanno avvenendo anche a livello macroeconomico.
Venerdì l’euro ha toccato gli 1,1525 dollari, valore discreto rispetto ad un andamento fiacco degli ultimi mesi. Ma non è questo il dato principale di cui tenere conto. E’ importante allungare lo sguardo verso la Russia ed alla sua reazione a possibili dazi o sanzioni americane nei mercati: il ministero dell’economia del paese asiatico ha infatti deciso di puntare maggiormente sulle riserve in euro, yuan e yen piuttosto che su quelle in dollari come sempre fatto.
E questo atteggiamento è facilmente riconoscibile dal dettaglio geografico e valutario degli investimenti in oro e riserve internazionali della Banca di Russia, pubblicato di recente che mostra come gli equilibri siano stati drasticamente modificati. Alla fine del secondo trimestre 2018 le riserve internazionali russe avevano trasferito 101 miliardi dal dollaro a euro, yuan e yen: in pratica investendo l’equivalente di 44 miliardi ciascuno in euro e yuan e 21 miliardi in valuta giapponese. Gli asset valutari in dollaro scendono, si legge nel report, dal 43,7% al minimo storico del 21,9% mentre quelli in euro sono saliti al 32%. E se a questi dati si aggiunge il dato di Morgan Stanley che sottolinea che nella prima metà dello scorso anno la Russia è stata nettamente il principale acquirente di bond cinesi, va da sé che diventa semplice per tutti comprendere che la sua sopravvalutazione ha come conseguenza, sul lungo termine, della perdita del suo valore.