Nel corso della giornata di ieri il dollaro americano ha sperimentato un’improvvisa e inattesa frenata, dopo aver messo a segno interessanti guadagni nella seduta precedente grazie agli ottimi dati americani relativi ai prezzi delle case e alla fiducia dei consumatori. A mettere k.o. il biglietto verde è stato il nuovo deciso aumento dei rendimenti dei Treasury Bond Usa a 10 anni, saliti sui massimi da oltre un anno sopra la soglia del 2,2%. I buoni dati macroeconomici americani stanno spingendo al rialzo i tassi di interesse a lungo termine negli Stati Uniti.
Inoltre, bisogna anche considerare che il mercato inizia a scontare la possibilità di una riduzione del piano di quantitative easing da parte della Fed, probabilmente dopo l’estate, anche se Bernanke ha finora allontanato questa ipotesi nonostante la pressione esercitata da alcuni membri del Fomc che vorrebbero subito una diminuzione del piano di acquisto dei bond e altre securities di almeno 20-25 miliardi di dollari.
► QUALI RISCHI DAL TRADING SHORT SULLO YEN
La volatilità sulla carta americana non ha di certo giovato al dollaro. Il sell-off sui titoli di stato Usa viene interpretato come un segnale di fuoriuscita di capitali dall’America, che negli ultimi anni ha attirato grossi flussi di denaro sia sul mercato azionario sia su quello dei bond. Sul forex il tasso di cambio dollaro/yen inizia a soffrire l’altitudine e i prezzi sembrano essere sempre più proiettati verso un ritorno in area 100. Ieri il cross Usd/Jpy è crollato sotto quota 101, dopo aver toccato un massimo intraday in area 102,50. Anche il cambio euro/dollaro ha iniziato a correre con decisione, salendo fino in area 1,2980.
► G-7 CHIEDE AL GIAPPONE DI NON ESAGERARE SUI CAMBI
Il biglietto verde ha perso terreno anche nei confronti di sterlina, franco svizzero e corona svedese, mentre ha continuato a macinare guadagni sulle valute emergenti (in particolare il real brasiliano e il rand sudafricano), che hanno accusato il taglio delle stime sul pil della Cina da parte del Fondo Monetario Internazionale. Continua, invece, la fase di congestione per i metalli preziosi: l’oro resta sempre sotto quota 1.400 dollari l’oncia.