Il dollaro australiano ha fatto registrare un declino inatteso dopo aver raggiunto il suo livello più alto in quasi sei mesi: il motivo è presto detto, i leader europei stanno cercando a tutti i costi un accordo serio e costruttivo per risolvere la crisi del debito dell’eurozona, dunque la domanda per gli assets finanziari dal maggiore rendimento è cresciuta in maniera inevitabile. Nel dettaglio, Aussie ha perso terreno nei confronti di ben sedici controparti; lo stesso discorso vale per il dollaro della Nuova Zelanda, in rallentamento rispetto allo yen a causa delle forti tensioni che stanno coinvolgendo Giappone e Cina, le due economie più grandi del continente asiatico, per quel che riguarda alcune isole.
Un simile attrito dal punto di vista geopolitico non è certo benefico per l’economia e il commercio, dunque si potrebbe prospettare una nuova vendita di dollari australiani. La valuta oceaniana ha perso 0,2 punti percentuali, attestandosi a quota 1,0533 dollari presso la Borsa di Sydney; appena tre giorni fa, invece, questa stessa quotazione era salita fino a 1,0625 dollari, ovvero il picco massimo dal 20 marzo scorso. Il ribasso nei confronti dello yen è stato addirittura superiore (-0,3% per la precisione). Il dollaro neozelandese ha perso lo 0,1% per quel che concerne il cambio con il dollaro americano, facendo registrare lo stesso declino menzionato in precedenza in relazione allo yen.
Nel frattempo, il rendimento dei titoli obbligazionari decennali australiani è aumentato fino al 3,38%. Tra l’altro, il dollaro australiano aveva ceduto ben 2,1 punti percentuali nel corso del mese di agosto, una perdita piuttosto pesante. La disputa geopolitica riguarda i governi di Pechino e Tokyo, con il premier nipponico Yoshihiko Noda che ha preteso maggiore sicurezza per i suoi concittadini coinvolti nelle proteste nell’ex Impero Celeste: le isole contese sono le Senkaku (Diaoyu in cinese), le quali hanno provocato addirittura il boicottaggio dei beni giapponesi.