Resterà l’evento principale del vertice di Bruxelles. Venti anni dopo l’avvio dei negoziati di Maastricht sulla moneta unica, per la quale aveva ottenuto una clausola “opt out”, il Regno Unito ha portato a compimento la logica del suo “isolamento”. Spinto dalla coppia Sarkozy-Merkel, decisa ad avanzare a tutti i costi sulla proposta di un “patto fiscale rafforzato,” David Cameron è stato brutalmente escluso dal processo decisionale europeo. L’Europa dei 26 (27 con la Croazia) cambia radicalmente faccia, e diventa sempre più simile a quell’unione continentale cara al generale de Gaulle, che voleva costruire l’Europa dall’Atlantico agli Urali, ma senza Gran Bretagna …
D’accordo per il Mercato comune, ma non per una maggiore integrazione di bilancio, fiscale o sociale, Londra ha sempre messo l’Europa al servizio dei propri interessi. Abbandonato anche dai suoi più fedeli alleati, come la Polonia, il Regno Unito di certo non lascia l’Unione europea, ma perderà influenza a Bruxelles, dove la sua politica del “cavallo di Troia” ha appena subito una grave battuta d’arresto. L’intera strategia britannica, che consiste nel fare della City la piazza finanziaria offshore dell’euro, rischia di essere messa in discussione da questa scelta isolazionista.
Ufficialmente, David Cameron, minacciato dagli euroscettici del suo stesso partito, dice di voler preservare la piazza di Londra dalle “draconiane” regolamentazioni richieste da Bruxelles. La paura britannica è chiara: che la zona euro decida di rafforzare i meccanismi di regolamentazione finanziaria e crei una tassa sulle transazioni finanziarie. È la fine dell’Unione europea a 27? Forse no. Europa e Regno Unito hanno bisogno l’una dell’altro. Forse sarebbe anche giunto il momento di porre la questione al popolo britannico stesso.
Di fronte all’aggravarsi della crisi, il governo britannico ha più volte chiesto una maggiore integrazione politica ed economica della zona euro, condizione perché l’economia britannica possa riprendere un percorso di crescita sostenibile. La crescita britannica e la potenza della City dipendono essenzialmente dalla vitalità della zona euro. Ma con dei limiti: la Gran Bretagna è preoccupata per i possibili effetti di un nuovo trattato che prefiguri una federalizzazione della zona euro. Con una conseguenza prevedibile: l’indebolimento della City o persino la trasformazione di Francoforte nel primo centro finanziario d’Europa. Forse la presa di posizione britannica assunta in occasione dell’ultimo Consiglio europeo di non aderire al progetto al nuovo trattato UE ha annunciato il Venerdì, e che fa temere per la fine dell’Europa a 27, poteva essere prevista.
David Cameron è di fronte a una scelta capitale: riprendere il sentiero dell’integrazione per rimanere nel cuore dei giochi, cosa che potrebbe significare l’adozione dell’euro, oppure restarne al di fuori e perdere i benefici derivanti dall’integrazione europea di cui Londra aveva finora approfittato senza, perlatro, la sottoscrizione di tutti gli impegni europei.
La Gran Bretagna non potrà certo rimanere passiva rispetto a questa riforma, se non vuole rischiare di essere ignorata o ritenuta responsabile di un’uscita dalla storia europea. Il rischio è infatti quello di uno scisma europeo. Lasciare l’Europa sarebbe un suicidio, e probabilmente è stata proprio questa paura a spingere Cameron ad una posizione così radicale.
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