I crediti deteriorati o non performing loans sono il punto focale delle attuali preoccupazioni europee. E l’Italia è uno di quei mercati dove gli stessi pesano di più con un totale stimabile di quasi 100 miliardi che pesano sulle banche della penisola.
E’ importante sottolineare una cosa: per le banche sono problemi, per diversi fondi internazionali si tratta di un ottimo mercato nel quale investire. Secondo l’Fmi, sono 988 i miliardi di euro e 865 solo nelle banche che rientrano sotto l’ombrello di interesse della Banca Centrale Europea: fondi prestati e mai restituiti di cui una buona parte derivanti dal settore italiano. Con conseguenze particolarmente impietose sul Pil del nostro paese. Le banche italiane considerate rilevanti hanno da sole circa 249,35 miliardi lordi di prestiti “marci”: in pratica, secondo i numeri pubblici, il 14,79% del totale concesso ai propri clienti.
E la media dei paesi europei è di circa il 5,92%. Cosa bisogna fare quindi? Tentare di bloccare quella che è praticamente una bomba ad orologeria che aleggia sui prestiti, i quali rischiano il crollo: atto in cui si sta impegnando in particolare la Bce favorendo in qualche modo anche lo sblocco del mercato delle compravendita dei crediti deteriorati.
Fortress e Pimco, Banca Ifis, AnaCap, Hoist Finance, Kruk, Algebris e Quaestio attraverso il Fondo Atlante II stanno facendo affari in Italia ed aprendo sedi proprio per sfruttare a loro favore i NPL italiani. E le nuove regole della Banca Centrale Europea in merito fanno tremare le imprese che temono di perdere l’aiuto economico delle banche che potrebbero mettere condizioni più strette per l’accesso al credito.