Perchè l’Asia non è in crisi o – per lo meno – non lo è quanto Italia, Europa e mondo occidentale? Secondo quanto affermano diverse ricerche compiute nello stesso continente orientale, la motivazione andrebbe ricercata nella struttura della domanda asiatica, che tende a privilegiare quella interna, piuttosto che – come avviene appunto in Europa e negli Stati Uniti – quella straniera, che rende le economie nazionali dipendenti dalle esportazioni.
In altri termini, e pur con le dovute semplificazioni, in Asia la crisi si avverte meno poiché si consuma di più. “La debolezza della domanda mondiale peserà sulla regione nel 2012” – avverte comunque l’Asian Development Bank – “ma i tassi di crescita della maggior parte delle economie resteranno solide, grazie al sostegno dei consumi privati”. I 45 Paesi esaminati (in pratica, tutto il continente asiatico escluso il Giappone) dovrebbero crescere quest’anno del 6,9% contro una precedente crescita del 7,2%.
Certo è che, prosegue l’Asian Development Bank, le incertezze sugli scambi internazionali rappresentano il pericolo maggiore, sebbene “al tempo stesso le economie asiatiche cominciano a diversificarsi verso nuovi mercati”.
Più nel dettaglio, la banca prevede che l’Asia orientale crescerà di 7,4 punti percentuali, grazie soprattutto all’espansione della Cina, che nel corso del 2012 dovrebbe incrementare la propria economia di 8,5 punti percentuali, e nel 2013 dovrebbe fare il bis con un + 8,7 punti percentuali. Sempre nel corso dello stesso anno l’India crescerà di 7,5 punti percentuali, andando a trainare l’Asia del sud. Per il sud est si scommette invece sulla Thailandia, che crescerà di 5,5 punti percentuali, andando altresì a beneficiare Indonesia, Malesia, Vietnam e Singapore.
Considerato che il ritmo di crescita di cui sopra potrebbe non esser sufficiente a contrastare le difficoltà internazionali indotte da Europa, Stati Uniti e Giappone, la Banca insiste affinchè si stimolino i consumi privati interni.
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