Non sarà solo il nuclere a tenere banco nei colloqui tra Cina e Stati Uniti il 15 aprile. Stanotte il presidente Barack Obama e il suo omologo Hu Jintao sono rimasti al telefono. Facile pensare che nel calderone sia finito anche un altro tema scottante: lo Yuan, la moneta cinese. Infatti, tempo fa gli Usa avevano accusato Pechino di tenere artificialmente basso il valore del cambio per favorire le esportazioni.
Intanto, la banca centrale cinese ha lanciato l’allarme su possibili bolle finanziare pronte a deflagrare. Il messaggio è rivolto soprattutto a Fed e Bce e alla loro politica accomodante, che sta spingendo al rialzo le materie prime.
Pechino, inoltre, sembra preoccupata per un deprezzamento del dollaro, che coinciderebbe con l’erosione delle riserve di “verdoni” nelle casse di stato. Un biglietto più debole toglierebbe infatti valore ai quasi 900 miliardi di dollari di bond americani sottoscritti dai cinesi. Secondo la ricostruzione di China International Capital Corp (Cicc) Hu è disposto a partecipare al vertice sul nucleare voluto da Obama per evitare che Washington possa avere mano libera e etichettare la Cina come “manipolatore dei cambi”. In vista di un possibile, graduale cedimento alle richieste americane – scrive l’Ansa -, Pechino starebbe effettuando ‘stress test’ per misurare l’impatto interno di uno yuan un po’ più forte.
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