Non era mai successo in Europa che la Bce portasse i tassi d’interesse quasi a zero, dicendo che non li alzerà per un lungo periodo. Sotto la guida di Draghi, la Bce nell’ultimo anno l’ha fatto. Ma sul campo monetario al posto di scendere, il costo reale del denaro per chi ha un debito è salito. E mentre la Bce richiama continuamente i governi a ridurre il debito, essa stessa rischia di ostacolarne il compito: se non verrà contrastata subito la minaccia di una caduta dei prezzi, allo stao attuale l’Italia sarà presto costretta a trovare dieci-quindici miliardi l’anno di tasse o tagli di spesa in più (su base permanente) per rispettare il Fiscal Compact europeo.
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Esclusi i mesi seguiti alla caduta di Lehman Brothers, non era mai accaduto nell’Europa del dopoguerra che l’indice generali dei prezzi cadesse a questa velocità. All’inizio del 2013 l’inflazione della zona euro era attorno al 2%, in effetti in linea con l’idea di stabilità dei prezzi che la Bce è stata creata per garantire. Nel 2013 l’inflazione era all’1,7%, mentre l’Italia era poco al di sotto.
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Dopo un anno lo scenario è cambiato drasticamente: a marzo il valore è crollato allo 0,5% in Eurolandia e allo 0,4% in Italia. Cinque Paesi su diciotto – Slovacchia, Portogallo, Grecia, Cipro e Spagna – sono già scivolati in deflazione. Al contrario di salire i prezzi scendono, riducendo consumi e investimenti perché le famiglie e le imprese rimandano ogni spesa sperando che poi costerà di meno. Sull’Europa sembra discendere la medesima cappa che per tanti anni ha bloccato l’economia giapponese.