Per le banche degli Stati Uniti la principale minaccia sembra essere la possibilità di un contagio della crisi finanziaria dell’Eurozona al sistema bancario americano. Sebbene vi siano questioni di politica interna da rislvere, in particolare il fiscal cliff, anch’esso una fonte di notevole preoccupazione, è la persistente incapacità dei leader europei a risolvere la crisi del debito della zona euro a far più paura, e ad essere ritenuta la sfida più importante. Gli istuti di Wall Street si preparano al peggio, e fanno i preprativi per affrontare la potenziale uscita di un paese dalla zona euro.C’è molta incertezza intorno allo scenario europeo e alla sua possibile evoluzione. La Grecia, o un altro paese, sarà costretta a lasciare l’euro perchè incapace di ripagare il proprio debito? Secondo un rapporto del Financial Times, i trader delle maggiori banche d’investimento in tutta Wall Street si stanno ponendo questa domanda e sembrano determinati ad assicurare che loro operazioni denominate in euro continuino ad essere pagate con la moneta comune. La zona euro continua ad essere la preoccupazione principale, in attesa di una ripresa dell’economia USA, per ora ancora vacillante.
L’esposizione diretta alle banche della zona euro è stata costantemente ridotta ed ora è posta sotto rigorosa osservazione (la Federal Reserve rilascia aggiornamenti a cadenza mensile). Ma ciò che preoccupa i banchieri, così come le autorità di regolamentazione, è l’imprevedibilità degli effetti a catena di un contagio.
Tutti d’accordo dunque sulla diagnosi, ma non si trova l’unanimità sui possibili rimedi da adottare. JPMorgan Chase ha perseguito una strategia di copertura dei rischi, mantenendo contestualmente linee di credito in paesi come la Spagna e l’Italia, sia rispetto ai governi che verso le grandi aziende. Tra i big del settore, Morgan Stanley si mette particolarmente in luce per la sua preoccupante esposizione verso l’Europa, al punto da essere considerata tra le banche Usa più esposte ai rischi che deriverebbero da una frattura della zona euro. Secondo il FT, “nessuna banca ha drasticamente modificato la propria esposizione ai cinque paesi (periferici), scommettendo sul fatto che le posizioni lorde, che vanno dai $ 5,4 miliardi di Morgan Stanley agli oltre 20 miliardi di dollari di JPMorgan Chase, sono gestibili “.
Ma dietro le quinte c’è molta agitazione e fervonoo i lavori per garantire che, se un Paese fosse costretto a lasciare la zona euro, le banche americane non si troveranno a dover accettare pagamenti in monete svalutate (ad esempio dracme o pesetas). Le banche, per ora, si stanno attivando per rimodulare i contratti dei propri clienti, apponendo una clausola sino ad oggi mai considerata: la rottura dell’euro.
La scorsa settimana la speculazione sulle misure che avrebbe adottato Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea (BCE), da cui i mercati continuano ad attendersi un’azione più aggressiva per fronteggiare la crisi, ha innescato ulteriori fluttuazioni dei prezzi delle azioni USA. La scorsa estate l’aggravarsi della crisi dell’euro aveva prodotto forti oscillazioni delle quotazioni azionarie delle banche statunitensi.