La Banca Centrale Europea, ad inizio settimana, ha affermato che non ha intenzione di dare ulteriore spinta ai tassi di interesse ufficiali di riferimento per le operazioni di rifinanziamento nell’eurozona. La conseguenza prevedibile è stata un immediato indebolimento della valuta unica europea, e il rilancio di altre monete di principale controparte internazionale, come il franco svizzero che continua a svolgere il suo ruolo di valuta rifugio d’eccellenza europea.
A sostenere che la BCE non farà luogo ad altri incrementi dei tassi è stato lo stesso presidente Jean Claude Trichet. Trichet non ha ovviamente fatto cenno ad alcun riferimento temporale, ma gli analisti hanno letto tra le parole del numero 1 della massima istituzione monetaria europea, individuando un arco temporale di almeno 6 – 9 mesi prima che l’autorità possa ripensare a nuovi piani sui benchmark.
Contemporaneamente alle dichiarazioni di Trichet, dagli Stati Uniti giungevano le ultime analisi in merito alla fiducia dei consumatori, evidenziando un forte calo dell’indice di riferimento a quota 44,5 punti, contro i 59,2 punti del mese di luglio.
Ancora, è pressochè scontato che nel corso dei prossimi mesi la crescita economica europea subirà ulteriori ribassi. Attualmente l’eurozona ha incrementato il proprio prodotto interno lordo di circa 0,2 punti percentuali nel secondo trimestre, per il ritmo più debole dal 2009 ad oggi. Le banche centrali continuano invece ad alimentare la domanda dei titoli di Stato di alcune nazioni, come ad esempio l’Italia, per quantità ingenti. Nonostante ciò, tuttavia, i rendimenti dei bond nazionali faticano a calare.
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