A dicembre i prezzi dei generi alimentari hanno toccato il record storico, stando al world food prices index in base a un basket costruito dalla Fao, l’agenzia Onu che si occupa di cibo e agricoltura. Le conseguenze di questo dato, superiore ai 200 punti (a dicembre 2008 erano 140), sono devastanti dal punto di vista sociale. Mesi fa la Fao aveva lanciato l’allarme , in particolare sui prezzi del grano. Allarme in seguito parzialmente ritirato notando una stabilizzazione della situazione. Le migliori previsioni non si sono avverate e il mondo è da tempo puntellato da rivolte e sommosse anti-governative per l’aumento dei prezzi del cibo e il caro-vita. Non solo ad Haiti (aprile 2008), non solo in Mozambico (settembre 2010), ma anche in Algeria e Tunisia dove da giorni continuano le proteste che hanno causato decine di morti durante gli scontri tra civili e forze di polizia (Algeria: 3 morti, 800 feriti; Tunisa: 20 morti). Il governo algerino ha ad esempio annunciato di voler ridurre i prezzi di beni alimentari e di aver ridotto del 41 per cento le imposte su olio e zucchero, misura che resterà in vigore fino ad agosto. Ma non basta perché ovunque si guardi il rischio di rivolte sta preoccupando i governi. Il ministro delle finanze indiano, Pranab Mukherjee, spera che le misure prese dal governo migliorino la situazione in uno scenario che resta critico. In Cina, dove l’inflazione ha toccato il 5,1 per cento, ben oltre i target fissati dal governo (attento anche ai prezzi delle materie prime e degli immobili) il 75 per cento del rialzo complessivo dei prezzi è dovuto all’aumento dei costi dei beni alimentari.