I mercati finanziari sono stati scossi dall’annuncio di Bernanke, che mercoledì scorso ha illustrato per grandi linee la road map della exit strategy della FED in tema di politica di quantitative easing. Da quel momento il dollaro americano ha realizzato importanti guadagni su numerose valute del paniere del G-10, tra cui anche la moneta unica. Sul forex il tasso di cambio euro-dollaro è crollato in 4 sedute da oltre 1,34 a quasi 1,3050, scendendo sui livelli più bassi delle ultime tre settimane.
La moneta unica ha manifestato i primi segnali di insofferenza anche nei confronti di altre valute, dopo il boom delle precedenti settimane. A mettere in difficoltà l’euro sui mercati valutari è il clima di avversione per il rischio (risk off), che in Europa si è tradotto in un forte calo delle borse e in una brusca impennata del valore dei differenziali di rendimento tra il riferimento tedesco decennale e i bond governativi della periferia.
In particolare lo spread Btp-Bund è balzato quasi a 300 punti base, tornando sui top di aprile scorso. Il tasso di cambio euro-dollaro si sta avvicinando sempre più alla soglia psicologica di 1,30, ma ora potrà contare sul supporto di area 1,3050 per mettere a punto quantomeno un rimbalzo tecnico. Secondo gli esperti di Morgan Stanley, in seguito al meeting del Fomc, risultato più falco di quanto non si credesse, il dollaro americano dovrebbe restare forte anche nelle prossime settimane. Intanto, ieri il cross Eur-Usd ha evitato un nuovo tonfo solo grazie al rialzo dell’indice Ifo tedesco e al sorprendente dato sull’indice di fiducia dei consumatori in Italia.
► DOLLAR INDEX AI TOP DA OLTRE DUE SETTIMANE GRAZIE ALLA FED
L’indice Ifo tedesco è salito per il secondo mese consecutivo, anche se solo leggermente rispetto a maggio, mentre la fiducia dei consumatori in Italia è improvvisamente aumentata salendo sui massimi da mrzo 2012. Tuttavia, secondo Valentin Marinov, currency strategist di Citigroup, “la moneta unica resta esposta a debolezze, in linea ai possibili rialzi dei rendimenti governativi italiani, che sono saliti in scia all’aumento dei costi di finanziamento dei bond statunitensi”. Marinov sottolinea anche il ritorno del rischio-Grecia, che potrebbe far aumentare nuovamente le tensioni nell’area euro.