I bond islamici, o sukuk, stanno avendo un grande successo da qualche anno a questa parte. Ultimamente, c’è una combinazione di fattori che sta agevolando il ringgit ne ruolo di valuta più gettonata per le emissioni di questi strumenti finanziari (vedi anche La Malesia è sempre più leader del mercato dei sukuk). Come si spiega il successo della divisa malese? In pratica, tutti i paesi che fanno parte dell’Asia orientale e del Gulf Cooperation Council (Gcc, si tratta di Arabia Saudita, Qatar, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Oman) sono sempre più interdipendenti nel segmento di cui si sta parlando.
Come hanno notato gli analisti di Standard & Poor’s le due regioni continentali possono vantare entrambe economie molto forti e che puntano a un forte ammontare di capitale. Gli obiettivi di questa ricerca sono sempre gli stessi, vale a dire il finanziamento di nuove infrastrutture e il supporto dello sviluppo economico. C’è anche la convinzione che le quotazioni cross-border continueranno ancora a lungo, favorendo ulteriormente il ringgit. Con il termine “cross-border” si intende praticamente l’entità di emissioni che ha sede in un determinato paese e che viene messa a disposizione di un altro mercato.
Le vendite di sukuk denominati in questa moneta sono cresciute in maniera progressiva negli ultimi anni, passando da 322 a 571 milioni di dollari americani dal 2010 fino allo scorso anno. Tra l’altro, il ringgit sta diventando una alternativa sempre più credibile al dollaro americano per quel che riguarda le società emittente che non sono di nazionalità malese. È interessante che i sukuk di tutte le emittenti, domestiche e straniere, siano superiori attualmente a quelle delle compagnie della nazione a cui si sta facendo riferimento. Il ringgit continuerà a beneficiare di questo status a lungo anche a causa della normativa nazionale e dei mercati di capitale (sia quelli convenzionali che islamici), i quali sono tra i più sviluppati in assoluto.
