Il Fondo Monetario Internazionale ha confermato come il dollaro australiano e quello canadese saranno sfruttate come riserve valutarie nel giro dei prossimi tre mesi. Questa notizia enfatizza e non poco la domanda per riserve aggiuntive di moneta, tanto è vero che perfino il dollaro della Nuova Zelanda ha delle ottime possibilità di entrare presto a far parte della lista, stando almeno alle previsioni degli esperti (vedi anche Che cosa sta accadendo al dollaro canadese?).
Come è stato spiegato dalla stessa organizzazione che ha sede a Washington, la lista di tali divise, le quali saranno identificate in maniera separata nella Composition of Foreign Exchange Reserves, si sta ampliando a vista d’occhio. L’ingresso da parte di Aussie e Loonie dovrebbe avvenire non più tardi della prima metà di quest’anno, dunque entro giugno. Le monete che finora fanno parte di tale database sono il dollaro americano, l’euro, la sterlina britannica, lo yen e il franco svizzero, ovvero quelle che sono considerate tra le più sicure al mondo. I recenti problemi che hanno coinvolto sia l’euro che il dollaro hanno imposto una sorta di diversificazione in questo senso, un modo in più per contrastare il pericolo della volatilità.
La domanda globale che pretende più riserve valutarie non terminerà di essere a questi livelli per diverso tempo. Sia l’Australia che il Canada hanno tutti i requisiti in regola. In particolare, queste due nazioni possono beneficiare di economie basate su risorse ben precise e di una domanda di materie prime molto elevata da parte dell’Asia e altre regioni. Ecco perché l’Fmi si attende che Canberra e Ottawa crescano ulteriormente come appiglio fondamentale contro la crisi finanziaria internazionale. Vi sono anche delle differenze che potranno persistere in fatto di politica monetaria e di flessibilità per quel che riguarda i tassi di cambio, ma è strategico come non mai in questo momento predisporre delle riserve che potranno essere utili per il futuro.