Se anche un paese importante come il Giappone è riuscito a indebolire con successo la propria valuta, lo yen, qualche motivo ci sarà: non è un caso, quindi, che altri paesi stiano prendendo spunto da tali politiche monetarie. Sono soprattutto i mercati emergenti quelli che tentano con maggiore convinzione di svalutare le loro divise ufficiali, come è successo ampiamente negli ultimi anni per migliorare la competitività. Attualmente, però, sono le economie sviluppate a seguire tale percorso.
Nelle ultime ore la Russia ha definito tali politiche “guerre valutarie”, un modo che può essere considerato adatto per descrivere gli sviluppi più recenti. Decisioni simili non sono limitate al solo Giappone. Una situazione identica è quella che ora può coinvolgere la Norvegia e la sua corona eccessivamente forte. Le pressioni sempre maggiori per indebolire le valute internazionali sono guidate dalla necessità di trovare nuove fonti per la crescita economica, dato che le politiche fiscali e quelle monetarie non sono riuscite a ottenere l’obiettivo come si sperava. Il rischio principale in questo momento è che ogni singola nazione provi a potenziare le proprie esportazioni, danneggiando la competitività delle altre economie. Altro pericolo che si deve scongiurare e che dipende da quello appena descritto è la minaccia di rappresaglie dal punto di vista finanziario.
Non si devono poi dimenticare gli investitori che stanno puntando sui metalli preziosi per far crescere il loro portafoglio. I rischi che corrono tali soggetti si riferiscono agli aumenti del dollaro americano, visto che l’Unione Europea e lo stesso Giappone si stanno concentrando sulla riduzione delle monete. Una moneta verde più forte rappresenta una pressione incredibile per quel che riguarda i prezzi delle più importanti materie prime. Nel corso del 2013 la Federal Reserve dovrebbe mantenere i piani di acquisto di assets finanziari, una operazione che fino a quando non sarà completata consentirà al dollaro di essere tenuto a bada.