Il bolivar si sta deprezzando a livelli da record e questa situazione sta esercitando una forte pressione sul presidente del Venezuela, Hugo Chavez: quest’ultimo, infatti, dovrà porre fine alla più grande mancanza di vendite di bond denominati in dollari degli ultimi cinque anni. In effetti, il paese sudamericano non è riuscito a quotare nemmeno un titolo obbligazionario in moneta verde dal mese di ottobre dello scorso anno, mentre invece i primi dieci mesi del 2011 si erano caratterizzati per ben altre performance, vale a dire il lancio di strumenti per una quota pari a 7,2 miliardi di dollari.
Una delle compagnie che si è resa protagonista di tutto questo è stata senza dubbio Petroleos de Venezuela, maggior produttore petrolifero del paese. Il Venezuela detiene qualcosa come trenotto miliardi di obbligazioni in dollari, mentre il debito del colosso appena menzionato si aggira attorno ai 32,5 miliardi, molto vicino a quello totale del Brasile. Il già citato bolivar si è indebolito di ben trentasei punti percentuali nel corso di questo 2012, tanto è vero che per ottenere un dollaro ci vogliono 13,65 bolivar per la precisione (tale quota era pari a otto bolivar appena due anni fa). Insomma, il mercato valutario venezuelano è del tutto privo di regole in questo momento.
Come conseguenza naturale, i cittadini si sono rivolti al mercato nero, in modo da evitare l’accesso al Sitme (acronimo che sta a indicare il Sistema de Transacciones con Títulos en Moneda Extranjera) oppure l’alternativa della Cadivi (Comisión de Administración de Divisas), la quale tende a sfruttare un cambio di un dollaro ogni 4,3 bolivar per quel che riguarda le principali importazioni. Secondo le ultime informazioni che sono state diffuse, inoltre, la banca centrale è fortemente preoccupata a causa del futuro del sistema e della commissione che si sono appena descritti, oltre che della crescita del dollaro nello stesso mercato nero.