Il rublo si è indebolito per la seconda volta consecutiva a causa delle ultime performance del petrolio: in effetti, bisogna tenere conto che la Russia è uno dei principali paesi per quel che riguarda l’esportazione di greggio, dunque il suo recente rallentamento ha avuto degli effetti negativi a livello valutario. Anche una settimana fa, comunque, è stato lo stesso petrolio a influenzare negativamente il rublo. Nel dettaglio, la valuta russa ha perso 0,4 punti percentuali nei confronti del dollaro, attestandosi a quota 31,2010 a Mosca; anche il cambio con l’euro si è leggermente modificato, con una quotazione finale di 40,22 rubli per la precisione.
A completare il quadro non proprio incoraggiante ci ha pensato il -0,2% registrato nei confronti di un paniere euro-dollaro. Che fine ha fatto il rally di cui è stata protagonista questa moneta? Il fatto che il petrolio sia riuscito a perdere ben 3,4 punti percentuali non poteva non lasciare segni nell’andamento in questione, tanto è vero che ora l’oro nero ha un prezzo di 88,85 dollari al barile; questa contrazione si è verificata a seguito dell’annuncio di ieri dello Us Energy Department, il quale ha messo in luce come la produzione complessiva sia cresciuta di undicimila barili al giorno la scorsa settimana, fino a 6,52 milioni, il picco più alto dal dicembre del 1996.
Non è solo il greggio, ma anche il gas naturale a costituire una parte integrante delle entrate statali della Federazione Russa. Secondo diversi economisti ed analisti finanziari, inoltre, questo trend petrolifero non può che essere inquadrato come una fonte di rischio, dunque gli investitori devono prestare la massima attenzione. I contratti forward hanno mostrato perfino come il rublo sia stato pari a quota 31,6753 rispetto al dollaro americano negli ultimi tre mesi, mentre ieri questo stesso valore era molto vicino ai 31,6 rubli. Intanto, i rendimenti dei bondi governativi a cinque anni sono aumentati di quattro punti base.
