Cina, zona euro e Gran Bretagna hanno tutte allentato la propria politica monetaria segnalando un crescente livello di allarme per l’economia mondiale. La vera mossa a sorpresa è stata fatta da Pechino che ha abbassato il suo tasso di rifinanziamento di 31 punti base, portandolo al 6 per cento dopo un taglio del tasso di interesse, estratto inaspettatamente dal cilindro, appena un mese fa.
La Banca centrale europea (BCE) ha tagliato i tassi a un minimo record dello 0,75 per cento, in uno scenario economico sempre più preoccupante. Ma la BCE si è tenuta alla larga da più audaci mosse, come la riattivazione del programma di acquisto di obbligazioni o una nuova iniezione di liquidità a lungo termine. La Banca d’Inghilterra (BoE), i cui tassi sono già al minimo storico dello 0,5 per cento, ha detto di voler stampare altro denaro e comprare 50 miliardi di sterline ($ 78 miliardi) di asset per aiutare l’economia e uscire dalla recessione.E’ una sorpresa che le banche centrali si stia muovendo così in fretta e quasi simultaneamente. Questo mostra che i timori circa le prospettive di crescita così come le incertezze legate all’attuale contesto economico-finanziario, siano cresciute.
A Francoforte, il presidente della Bce Mario Draghi ha negato qualsiasi azione coordinata a livello globale, del genere visto all’indomani del crollo di Lehman Brothers nel 2008. Nessuna azione concertata che vada “al di là del normale scambio di opinioni sullo stato del ciclo economico, sullo stato dell’economia, e sullo stato della domanda globale”, ha detto il presidente dell’Eurotower. Draghi, tuttavia, non considera le condizioni attuali equiparabili a quelle createsi alla fine del 2008, quando il sistema finanziario mondiale si trovò sull’orlo del precipizio.
Il contesto pone maggiore accento su ciò che farà la Federal Reserve (FED) nel corso della sua prossima riunione, il 31 luglio e 1 agosto. La Banca del Giappone si riunirà la prossima settimana. Il governatore della BOJ Masaaki Shirakawa ha avvertito che la crisi del debito in Europa continua a rappresentare il maggior rischio per il Giappone e ha segnalato la disponibilità ad agire nel caso in cui turbolenze dei mercati minacciassero la sua fragile economia. La BOJ ha stanziato circa 40 miliardi di yen ( 505 miliardi di dollari) per la suo programma di acquisto di asset, al fine di mantenere i tassi di interesse bassi e indebolire lo yen.
Il mese scorso, la Fed ha escluso un altro round di acquisti di obbligazioni (QE3), ma il numero uno dell’Istituto, Ben Bernanke, ha anche aggiunto che vi sono “notevoli margini per fare di più”. E per qualcuno questo potrebbe tradursi in un nuovo programma di acquisto di asset.
Tutte le principali banche centrali, con tassi di interesse ai minimi storici, affrontano la dura legge dei rendimenti. La Banca d’Inghilterra, con la creazione di denaro fresco, aveva guidato con successo gli oneri finanziari ai minimi storici, ma l’economia britannica sta languendo in recessione. La BoE è stato eccessivamente ottimista circa l’efficacia del QE. L’ultimo aumento è più di una semplice pedina, ma non è estremamente significativo per le prospettive di crescita e inflazione.
La zona euro non è messa meglio. Si registra un indebolimento in tutta l’area, anche in quei paese che non avevano mai sperimentato una fase di contrazione. I politici potrebbero controbattere che la situazione sarebbe ben peggiore se la BCE non avesse agito, ma con la maggior parte delle leve di politica monetaria già utilizzate, l’azione dei governi si configura come altrettanto necessaria per migliorare le sorti del mondo.
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha esortato gli Stati Uniti a rimuovere rapidamente l’incertezza sul percorso della politica fiscale, che rischia una brusca stretta all’inizio del prossimo anno senza un intervento del Congresso.
Le misure annunciate al vertice europeo di Bruxelles della settimana scorsa hanno contribuito ad alleviare parzialmente le tensioni sui mercati, con la promessa di azioni per ridurre gli oneri finanziari. Ma è quasi unanime il coro di allarme di coloro che ritengono non siano stati affrontati i problemi alla radice.
Per molti osservatori di mercato, sta diventando evidente che c’è ben poco che i politici globali possono fare per arrestare quello che alcuni descrivono come un “rallentamento sincronizzato” globale. Le prospettive di crescita rimangono al ribasso. Quello che stiamo vedendo sul fronte delle azioni in materia di politica monetaria è positivo, ma non è solo sufficiente per invertire la tendenza a lungo termine.
Il più grande rischio per l’economia globale resta la crisi del debito sovrano in Europa, e nonostante il taglio dei tassi, i problemi principali rimangono irrisolti. Tra questi ci sono le dimensioni complessive del firewall per proteggere l’Europa, la capacità dell’Unione europea di attuare le riforme per alleviare la stretta creditizia nei paesi periferici in difficoltà e l’effettiva possibilità di utilizzare direttamente i fondi europei di soccorso (MES ed EFSF) per iniettare liquidità nelle istituzioni finanziarie.