L’IPO dell’anno si sta trasformando velocemente in un collocamento da incubo. Da quando l’uomo dell’anno Mark Zuckerberg ha tagliato il nastro del Nasdaq avviando le contrattazioni nella giornata di debutto del suo Facebook tra i tecnologici, la strada è in discesa e sembra che non ci una fine ai problemi.
Il prezzo di collocamento nella parte alta della forchetta prevista ha animato le prime ore di contrattazioni garantendo un rialzo superiore al 10%. Nelle ore successive nella stessa giornata la situazione si è rapidamente ribaltata; una veloce discesa ha accompagnato il prezzo riportandolo praticamente allo stesso valore dell’apertura, mentre nella giornata successiva è arrivato il vero e proprio crollo verticale.
Un incubo per gli investitori, che ora si trovano doppiamente beffati; non solo il valore delle azioni continua a scendere, ma si viene a conoscenza anche che il taglio sulle stime di crescita non sarebbe stato comunicato per tempo.
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Se venisse verificato che quanto sostengono gli investitori è vero ed il danno subito da chi ha sottoscritto l’IPO deriva unicamente da Morgan Stanley (che ha gestito il collocamento) allora siamo di fronte ad un caso storico; un’IPO basata su stime che sono state riviste al ribasso e, probabilmente, a cui pochi hanno avuto accesso. Lo stesso giorno del collocamento si è diffusa la notizia secondo cui a sostenere il mercato siano state le stesse banche d’affari che hanno sottoscritto l’IPO, per evitare una discesa oltre il prezzo di collocamento (avvenuta poi il giorno dopo). La doppia presa in giro verso gli investitori è diventata ora una causa contro Facebook e contro Morgan Stanley; la guerra è aperta ma il verdetto non sarà immediato, visto che i due schieramenti vedono una marea di investitori con la ragione dalla loro parte da un lato mentre dall’altro c’è Morgan Stanley, che da anni fa’ il buono ed il cattivo tempo in borsa e non solo.
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