Stando a quanto affermano i dati ufficiali sostenuti dal Dipartimento del Lavoro americano di Washington, il numero delle buste paga riscontrate durante il mese di marzo dalle strutture ufficiali sarebbero incrementate di 120 mila unità. Si tratterebbe di un risultato davvero negativo, considerando che in tal modo si concretizza l’incremento più tiepido degli ultimi cinque mesi e, soprattutto, uno sviluppo che appare essere ben peggiore delle più pessimistiche previsioni dei principali osservatori di mercato.
Non inganni, pertanto, la diminuzione del tasso di disoccupazione degli Stati Uniti, passando da quota 8,3 punti percentuali all’attuale soglia degli 8,2 punti percentuali: la determinante fondamentale di questo piccolo ma significativo passo indietro non è riconducibile a un boom dei nuovi occupati, quanto, piuttosto, a una contrazione della forza lavoro complessiva, che ha “dimagrito”, il denominatore della frazione di calcolo del tasso di disoccupazione.
Gli osservatori sono pressochè unanimi nel ricordare come questo sviluppo occupazionale sia certamente troppo lento per poter garantire una ripresa dell’economia locale, come invece auspicabile.
Ricordiamo ancora come le previsioni per il mese di marzo stimavano un incremento del numero di buste paga pari a 205 mila unità, con una media delle forbici previsionali comprese tra un minimo di 175 mila unità e un massimo di 250 mila unità, in seguito alla crescita di 227 mila unità del mese di febbraio.
“Ci aspettiamo una modesta crescita della domanda di lavoro all’interno del mercato statunitense” – ha commentato Carl Camdem, presidente e amministratore delegato della Kelly Services, un’agenzia di lavoro del Michigan. L’espansione “c’è, ma non è robusta, è una ripresa lenta e graduale”.
Tra i comparti che hanno contribuito maggiormente allo sviluppo del numero delle buste paga, quello dei servizi, con un incremento di 89 mila unità contro il precedente + 211 mila di febbraio.
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