Negli scorsi giorni il dollaro canadese ha affrontato ampie parentesi di debolezza. Ancora una volta, come già accaduto nello scorso passato, la ragione è da ricercarsi prevalentemente nella pressione esercitata dai deludenti dati provenienti dagli Stati Uniti, principale controparte finanziaria e commerciale della nazione nordamericana, nei quali il Dipartimento del Lavoro ha riportato un volume di nuovi contratti di lavoro che ha deluso la maggior parte delle stime degli analisti.
Ma non solo: a penalizzare la valuta canadese è anche il calo dei prezzi del greggio, scesi per la prima volta sotto quota 100 dollari a barile per la prima volta dallo scorso mese di febbraio. Elementi che infondono fiducia nelle mani di quegli analisti che ritengono che la Bank of Canada sia praticamente vicina a incrementare il costo del denaro di riferimento, per un’operazione che non dovrebbe comunque vedere la luce prima della fine dell’estate, ma che potrebbe realmente verificarsi entro il termine del 2012.
“Abbiamo dati molto deboli sia sul fronte statunitense che su quello canadese” – ha commentato uno dei massimi analisti della Bank of Montreal durante una recente intervista – “Riscontriamo anche una leggera diminuzione dei prezzi delle materie prime, e in particolar modo del petrolio”.
Ancora, in merito alla possibile crescita dei tassi di interesse di riferimento sulle operazioni di rifinanziamento principale, lo stesso osservatore è pronto a scommettere che, considerando che “il mercato ha ridotto le proprie aspettative in proposito rispetto alla scorsa settimana, sarebbe meglio non scommettere su un incremento dei tassi entro l’anno. Probabile che un rialzo vi sia ad inizio 2013”.
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Comunque la pensiate, i tassi di interesse di riferimento stabiliti dalla Bank of Canada dovrebbe riprendere la loro corsa al rialzo entro un massimo di 8 – 10 mesi, in sicuro anticipo rispetto a quanto dovrebbe produrre la Fed statunitense o, ancor di più, la Bce.
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